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Il diritto alla libertà di cura, qual è la verità su stamina?

In questi ultimi mesi si è abbondantemente sentito parlare del metodo Stamina: servizi televisivi, botte e risposta mediatiche, sentenze in contraddizione tra di loro e testimoni che dicono tutto e il contrario di tutto.

Ma dov’è la verità in tutto questo?

Naturalmente non abbiamo la presunzione di dire: “Vannoni ha ragione” o “la comunità scientifica ha ragione”. Questo, per adesso, è difficile da stabilire chiaramente, visto che entrambe le parti lottano per far valere i propri interessi.

Quello che vogliamo fare è solo delineare una situazione che sta mettendo uno contro l’altro giudici, medici, sistema sanitario e malati.

In questi ultimi giorni sono infatti arrivate due notizie che impongono una non semplice riflessione sulla questione. Da una parte, troviamo la notizia che il tribunale di Ragusa ha consentito il metodo stamina a una bambina di Modica di due anni e otto mesi, affetta dal morbo di Niemann Pick. Dall’altra, invece, la notizia che la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha decretato legittima la decisione delle autorità italiane di rifiutare l’accesso al metodo Stamina a una donna, affetta sin dall’adolescenza da una malattia degenerativa del cervello.

Da un lato, quindi, la legge che appoggia il diritto di scelta di una persona di accedere alle cure che preferisce, dall’altro, un organo comunitario che nega questo principio per la “tutela della salute stessa”.

Ma in tutto questo, dove si pone la libertà degli individui?

Su Daniele Vannoni è stata aperta un’indagine che lo vede accusato di truffa e somministrazione di farmaci nocivi. L’ideatore del metodo Stamina è accusato non solo di aver somministrato dei farmaci e applicato un trattamento potenzialmente nocivo per i suoi pazienti, ma anche di aver fatto pressioni, approfittando della malattia di un dirigente della Regione Lombardia per convincerlo ad agevolare la collaborazione con gli Spedali Civili di Brescia.

Nausea, cefalea e insorgenza di tumori sarebbero alcuni dei rischi attribuiti al metodo Stamina. I problemi, secondo gli inquirenti, sorgono in ognuna delle tre fasi del trattamento: la biopsia midollare, la manipolazione e la criopreservazione delle cellule e la reintroduzione delle cellule mediante puntura lombare, tutte operazioni effettuate senza “cautele” e senza “documentate procedure cliniche”. Su circa il 20-25% dei pazienti trattati con queste cure si sarebbero verificati “eventi avversi” non segnalati all’autorità sanitaria.

Eppure, ancora molti pazienti, per continuare a ricevere i cicli di cure già iniziati, si appellano al Tar e ai tribunali, nella speranza di proseguire una terapia che secondo loro è l’unica possibilità di sopravvivenza.

Marino Andolina, al centro della bufera così come Vannoni, pediatra-immunologo di 67 anni che per primo al mondo ha curato una malattia genetica (Niemann Pick B) con staminali da placenta, spiega a chi lo intervista che spesso si confonde la cura con la guarigione. Mentre si confessa al giornalista de Il Piccolo, si fa forza ricordando i vari miglioramenti ottenuti da tanti pazienti, come la piccola Celeste o l’alto dirigente della Sanità lombarda; uno sportivo affetto da Sma, che è «ritornato a fare attività atletica e ha guadagnato una decina di chili di massa magra, cioè di muscoli».

Nel farlo, punta il dito contro i politici, in particolare il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin e la sua “commissione scientifica che controllerà la sperimentazione” composta “quasi solo da persone con un poderoso conflitto d’interesse”.

I genitori della bimba di Modica si fidano della cura di Davide Vannoni, anche se il mondo scientifico e medico l’ha classificata come non valida. Nonostante l’ordinanza a loro favore però permane la difficoltà di trovare un medico disposto a curarla con questo metodo.

I medici degli Spedali Civili, infatti, finiti nel mezzo della battaglia che sta opponendo il ministero e la comunità scientifica da un lato e diversi giudici dall’altro, hanno deciso di sospendere le infusioni in attesa che la nuova commissione di esperti nominata dal ministero si pronunci in merito.

E nel frattempo le persone aspettano e sperano. Sperano che i loro figli, affetti da malattie rare, degenerative, possano accedere a una cura che molti demonizzano e tanti altri invece considerano come “ultima spiaggia”.

Difficile rendersi conto che in questa situazione non ci sono vincitori, né vinti. In questa situazione, infatti, perdiamo tutti, ma perdono soprattutto quelle persone che si vedono negate il diritto di scegliere come meglio curarsi.

Molti definiscono il metodo Stamina falso perché chi lo propone è considerato un ciarlatano, senza accorgersi che la sua argomentazione pecca di “fallacia”, un errore di ragionamento per cui si nega una tesi, screditando chi la propone. Ma se il metodo funzionasse davvero?

Di Agnese Tondelli
fonte:ambientebio.it

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