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Scoperto gene per fermare l’Alzheimer

Riuscire a fabbricare una proteina beta-amiloide sintetica che possa fermare la progressione del Morbo di Alzheimer, almeno nelle sue forme gravi e sporadiche.

Questa è la sensazionale prospettiva terapeutica che si delinea dallo studio svolto all’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano dal dott.Fabrizio Tagliavini in collaborazione con ricercatori dell’Università di Milano e dell’Istituto Mario Negri.

La ricerca, che sarà pubblicata sulla rivista “Science”, ha studiato il caso di un malato di 39 anni, colpito da una forma grave di Alzheimer pur se nessuno dei suoi genitori era ammalato di questa demenza: partendo da questa constatazione, gli studiosi hanno individuato un gene mutato presente sia nel padre che nella madre del paziente, che non provocava la malattia nei genitori, portatori sani, ma la scatenava nel figlio che aveva ereditato questa mutazione genetica da entrambi.

Normalmente l’Alzheimer si manifesta nella terza età e quando c’è una forte familiarità con questo morbo: risalendo nell’albero genealogico di chi ne viene colpito, si incontrano molte persone malate e per sviluppare la malattia basta quindi ereditare il gene dominante dell’Alzheimer da un solo genitore.

In Italia sono colpite da questa grave e comune forma di demenza, a tutt’oggi inguaribile, circa 450mila persone, mentre in Europa ne soffrono 6 milioni di individui: queste cifre sono destinate, purtroppo, ad aumentare nel tempo, visto l’invecchiamento generale della popolazione del Vecchio Continente.

Ma come influiscono le mutazioni genetiche nell’Alzheimer? In pratica i geni che presentano delle varianti producono proteine alterate, tra cui quella beta amiloide degenerante, famigerata responsabile della formazione delle placche nel cervello che scatenano la malattia.
Sino a questo momento sono stati individuati tre geni ereditari che possono formare proteine anomale, mentre il dott.

Tagliavini afferma che, nella ricerca appena conclusa, è stato individuato un gene che provoca l’Alzheimer solo quando viene ereditato da entrambi i genitori, i quali possono, invece, arrivare alla vecchiaia con un cervello in piena forma. In questo sta la stranezza che ha attirato l’interesse dei ricercatori, i quali hanno perciò scoperto che chi ha una forma variata del gene, che produce la proteina anomala, e un altro gene che funziona bene producendo la proteina normale, può restare in salute in quanto la proteina “buona” è in grado di neutralizzare quella “cattiva”. In altri casi, però, può accadere che sia la proteina anomala a bloccare quella sana.

Per vederci più chiaro, il dott.Tagliavini e la sua equipe sono tornati ad esaminare le forme sporadiche di Alzheimer, quelle cioè più comuni e non ereditarie: in questi casi la proteina beta amiloide normale inizia a modificarsi e a formare le placche cerebrali.

Compiendo sperimentazioni in laboratorio, il gruppo del dott.Tagliavini ha osservato che, aggiungendo alla proteina che comincia ad alterarsi la proteina anormale prodotta dal gene mutato ora identificato, si riesce ad arrestare il processo di degenerazione. Questo fa presupporre che potrebbe essere possibile, nei prossimi anni, arrivare a costruire una proteina amiloide sintetica per curare l’Alzheimer, quantomeno fermandone la progressione.

Tagliavini afferma che quest’ipotesi è ancora da verificare, ma sono già pronti i modelli animali.
Il dottore conclude dicendo che questa scoperta rappresenta un importante passo avanti, considerando che i farmaci attualmente in commercio hanno un’efficacia limitata e che i vaccini non hanno dato buoni risultati fino a questo momento.

fonte:www.italiasalute.it

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